Perché gli informatici non fanno carriera?

(da una serie di riflessioni personali attraverso gli articoli di Walter Vannini)

 

Se cominci a lavorare nel settore commerciale puoi partire come account o addetto marketing, diventare Area Manager e  in qualche anno essere Direttore Marketing o Vendite; con un pizzico di fortuna puoi finire Amministratore Delegato.

Se cominci nel settore amministrativo puoi cominciare come assistente, diventare Auditor interno e in qualche anno essere Direttore Amministrativo o Acquisti o del Personale; con un pizzico di fortuna puoi finire Amministratore Delegato.

Se cominci nel settore informatico, puoi cominciare come programmatore/sistemista junior, diventare programmatore/sistemista senior e in qualche anno dipenderai dal Personale, dall’Amministrazione, dal Marketing, dalle Vendite, dagli Acquisti o da tutti loro; non diventerai mai un dirigente, e con un pizzico di fortuna non ti esternalizzeranno.

Perché?

La spiegazione  più in voga fra gli informatici è che questo mondo di incompetenti non capisce il valore degli informatici.

La spiegazione più in voga fra i non-informatici è che gli informatici sono adolescenti compulsivo-ossessivi con un ego inflazionato e problemi relazionali e hanno esattamente quello che meritano.

Il risultato netto, comunque, è che tutti perdono: gli informatici non fanno carriera e le aziende sprecano capitali e potenziale umano enormi.

Diciamo una cosa antipatica: in azienda come sul mercato, le professionalità informatiche sono valutate il minimo indispensabile, esattamente come tutte le altre. La differenza è che per le altre professionalità è chiaro il valoreprodotto per l’azienda. E lo è perché si tratta di professionalità consolidate, socialmente ed aziendalmente assimilate. Non ci sono dubbi sul perché Amministrazione, Produzione, Marketing, Acquisti, Vendite, Personale siano ruoli chiave, sul perché l’azienda debba garantirgli le risorse: è grazie a loro che i soldi arrivano, vengono gestiti bene, spesi in modo oculato. L’azienda lo capisce, chi opera in quei ruoli pure e sa far valere le proprie ragioni.

E l’informatica? Dal punto di vista dell’azienda non è un ruolo chiave, è un costo e un rischio.

Ora, a chi toccherebbe promuovere l’importanza aziendale dell’informatica? Agli informatici, è ovvio. Ma gli informatici non lo fanno. Come dico sempre, tutte le funzioni lavorano per gli obiettivi dell’azienda, l’informatica lavora per i propri, e solo lei sa quali sono. (Chi è scettico può chiedere al proprio Amministratore Delegato quanto è disposto a pagare per far passare l’availability dal 99.741% al 99.982%; alla richiesta di parlare in italiano, potete dire “un’ora e mezza in meno al mese di guasti informatici “).

E quando si tratta di rendiconti? Allora tutte le funzioni si fanno in quattro per dimostrare che hanno saputo usare bene le proprie risorse per portare vantaggio all’azienda; l’informatica no: nel migliore dei casi l’informatica dimostra di avere impiegato le sue risorse (sempre inferiori alle richieste, fa notare) per “risolvere” problemi che nessuno capisce, e che comunque si ripresentano periodicamente.

E ci stupiamo che in azienda l’informatica venga vista come il fumo negli occhi?

Cominciamo riconoscendo alcune ovvietà dolorose:

  1. gli informatici sono inconsapevoli della loro importanza per l’azienda (non vedono al di là del lato “tecnico”)
  2. l’azienda è inconsapevole del perché gli informatici sono importanti (“sono un male necessario”)
  3. gli informatici non fanno nulla per valorizzare la propria posizione.

Il punto 3 è quello cruciale: gli informatici, che continuano a credere di essere in azienda per occuparsi di computer, continuano a vedere gli alberi senza vedere la foresta. Riuscite a immaginare un direttore Marketing che dica che il suo compito è “curare le campagne di marketing”? Un direttore amminsitrativo che dica “io sono qui per curare il bilancio”?

No, vero? Infatti nemmeno l’ultimo degli stagisti ometterebbe di mettere le sue attività pratiche nella prospettiva di un vantaggio per l’azienda (“garantisco che i membri del CdA abbiano informazioni puntuali, complete e aggiornate. Sì, cioè, faccio le fotocopie, ma quello è un dettaglio tecnico.”).

Solo gli informatici non vedono oltre la tastiera. E il resto dell’azienda li valuta di conseguenza: gli informatici sono deitecnici, come i caldaisti, gli elettricisti, gli idraulici. Importanti, certo, ma privi di identità, intercambiabili, esternalizzabili. Non ti aiutano a fare meglio il tuo lavoro, (perché non sanno nemmeno quale sia, il tuo lavoro): si occupano che le macchine funzionino, così puoi lavorare in pace. L’azienda è una squadra, gli informatici sono personale di servizio.

E come reagiscono gli informatici? Avvalorando, con comportamenti e pensieri, questo stato di cose. È stupefacente vedere come la descrizione che un informatico fa della propria posizione aziendale sia pervasa da credenze irrazionali che costituiscono una zavorra insuperabile a qualsiasi evoluzione.

Purtroppo una stragrande maggioranza di informatici vede la propria attività e il proprio ruolo attraverso la lente di convinzioni irrazionali, vere e proprie fallacie che, sebbene superficialmente plausibili, sono del tutto deleterie per il rapporto con il resto dell’azienda (o con i clienti, nei molti casi di personale erogato).

Queste sono le più comuni; sembrano convinzioni innocue, no? Eppure ciascuna garantisce l’azzeramento delle possibilità di carriera e il confino perpetuo in sala server:

  1. non devo dimostrare niente, che il mio lavoro funziona si vede da sé
  2. se vuoi un’azienda, l’informatica è un prezzo da pagare
  3. con la complessità che ha, l’IT non può essere perfetto
  4. io garantisco all’azienda la migliore tecnologia
  5. se il personale non segue le regole, l’azienda non può certo aspettarsi che tutto quanto funzioni
  6. l’azienda è il mio cliente
  7. faccio tutto quello che mi chiedono, e si lamentano pure
  8. qui se manco io si ferma tutto
  9. questo branco di utonti non sa quanto è fortunato ad avermi, dovrebbero ringraziarmi
  10. la qualità di una soluzione è tutto
  11. le soluzioni sono più importanti dei problemi
  12. qui nessuno capisce niente di tecnologia, le mie capacità non sono valorizzate
  13. non posso pretendere di essere capito da gente che non sa cos’è un’espressione regolare.

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